Prodotti di alta qualità, frutto della tradizione, legati indissolubilmente alle particolari condizioni climatiche, all’aria frizzante e pura propria della terra di origine.
Il formaggio Bitto e il Casera, i vini tipici, le grappe e gli amari alle erbe alpine, la bresaola e i salumi locali, i funghi porcini, i pizzoccheri, le conserve alimentari, il miele, le mele, le castagne, la Bisciola.
L’area vitivinivola , che per circa 40 chilometri va da Ardenno a Tirano, è inconfondibile per estensione nel panorama alpino ed europeo; grazie a condizioni favorevoli di clima e di terreno ed al paziente e tenace lavoro dell’uomo produce vini famosi in tutto il mondo.
Il Valtellina Superiore, che dalla vendemmia 1995 , si suddivide in quattro categorie, che prendono il nome dalle corrispondenti aree geografiche: Il Sassella, Il Grumello, l’ Inferno , Il Valgella , Lo Sforzato .
Tra i piatti caratteristici valtellinesi ci sono i Pizzoccheri , gli Sciatt , la Polenta Taragna ed un ampia varietà di formaggi come Bitto Dop , il Valtellina Casera Dop, lo Scimudin , il formaggio caprino fresco classico e la caciotta di capra ,l’erborinato e tanti altre qualità.
La Bresaola della Valtellina IGP, prodotta con carni scelte di manzo, dal sapore delicato e gustoso, il Violino di capra, particolare e pregiato, ottenuto dalla coscia di capra essiccata, denominato così per il singolare modo di affettarlo (appoggiato sulla spalla a mo’ di violino e usando il coltello come se fosse un archetto).
I dolci tipici della zona sono la Bisciola o la Cüpeta, delizioso impasto di miele e noci racchiuso tra due veli di ostia e la torta Saracena con panna e marmellata di mirtilli non manca la torta di mele della valtellina.
Furmentùn, fraina o farina negra: sono solo alcuni dei nomi con i quali si definisce in dialetto il grano saraceno, uno degli alimenti fondamentali nella dieta dei contadini della Valtellina e dell'intero arco alpino fino all'inizio del secolo scorso. Rustico, resistente ai climi freddi e difficilmente attaccabile da parassiti, era utile per sfruttare i terreni nei mesi estivi, nel periodo di riposo dopo il raccolto invernale di segale, patate e orzo. Il primo documento che cita il grano saraceno in Valtellina è antecedente al 1600 e la sua coltivazione raggiunge la massima espansione nella prima metà dell'Ottocento. Poi inizia la decadenza.
La coltivazione sui pendii o sui terrazzamenti è faticosa, la raccolta troppo laboriosa e costosa, emergono colture più produttive: sono queste e molte altre le ragioni per cui, nel primo decennio del Novecento, la produzione è dimezzata e nel 1970 scende ad appena 3700 quintali. Oggi sopravvivono poche coltivazioni di dimensioni ridotte, mentre la maggior parte del prodotto lavorato in Italia è importato dall'estero.
La semina del grano saraceno avviene a spaglio (si gettano i chicchi a piccole manciate sul terreno arato) e la raccolta si svolge a partire dalla seconda metà di ottobre o poco più tardi. L'operazione è laboriosa. Con un falcetto si tagliano gli steli, si legano a mazzetti e si capovolgono sul campo, formando le caséle, file di piccole capanne a cono. I mazzetti si lasciano asciugare e si battono con il fièl, un attrezzo per la battitura fatto con due bastoni legati a un'estremità.
La farina di grano saraceno un tempo era considerata poco pregiata, buona soltanto per la cucina povera dei contadini. La polenta "nera", fatta esclusivamente con farina di grano saraceno o miscelata con una parte di farina di granoturco, era ed è uno dei piatti forti della cucina tradizionale valtellinese. Aggiungendo burro e formaggio diventa polenta taragna, se si cuoce nella panna fresca si trasforma invece in pulenta 'n fiù, polenta in fiore e se invece si miscela con altre farine, allora è pulenta mugna.
Altro piatto tipico fatto con la farina negra sono gli sciatt: frittelle di farina di saraceno e frumento ripiene di formaggio. Ma il piatto principe della cucina locale sono i pizzoccheri, tagliatelle fatte con farina di grano saraceno e frumento, cotte con patate, verze o altre verdure condite con burro fuso e con i formaggi della valle quali lo scimud o il Bitto.
Molto più raro è il kiscioeul, una focaccia tipica della zona di Tirano, fatta con farina nera e farcita di buon Casera stagionato.